Economia
Pubblicatio il 22 febbraio 2012 | di bitquotidiano
0I Nuovi Stati: come cambia il mondo
Apple entrerà nel G-20?
Apple ha più dollari di Obama. In soldoni, è la notizia del Guardian di due settimane fa, secondo cui nelle casse di Apple c’è un patrimonio annuale netto (denaro disponibile) superiore a quello del governo degli Stati Uniti.
Coi suoi 468 miliardi di dollari di capitalizzazione, d’altra parte, Apple ha già superato (come valore azionario) il prodotto interno lordo di uno Stato di media importanza come il Belgio. Se Apple fosse uno Stato – e non è detto che non lo sia – entrerebbe a pieno diritto nel G20, l’insieme delle venti nazioni più industrializzate del mondo. Non ci entrerebbe da sola. La sola Exxon vale già quattrocento miliardi di dollari. Google centonovantasei.
Ci sono diversi nuovi Stati, nuovi imperi; vassalli che diventano re. Con le loro eserciti, le loro bandiere. Sono tutti attentissimi ai simboli ed agli stendardi: gli stemmi – chiamati loghi – dei nuovi stati sono onnipresenti. Ciascuno di loro ha il proprio motto (“Think different”, “Dont’be evil”…) analogo a quelli (“E pluribus unum”, “In God we trust”) delle nazioni tradizionali.
La nazione Apple possiede – se parliamo di eserciti – ben 63mila dipendenti, di cui 43mila negli stati Uniti. Pochi, rispetto alla Royal Navy o al Corpo dei Marines, o anche (come fa osservare il New York Times) rispetto ai 400mila dipendenti della General Motors anni ’50 o a quelli di General Electric anni ’80. Ma ciascuno di questi dipendenti ha fruttato alla Apple, nell’ultimo anno, più di 400mila dollari (“più di Goldman Sachs, Exxon Mobil o Google”, chiosa il N.Y.Times). E soprattutto ad essi si affianca una marea di collaboratori in subappalto, quasi tutti asiatici: più di settecentomila. Un’orda. E qui i paragoni non vanno fatti più con le nazioni moderne, ma direttamente con Gengis Khan e con Tamerlano.
Le fabbriche di Foxconn in Cina (cioè i principali subappalti) hanno dimensioni galattiche, da città-stato. La più grande, a Shenzhen, chiamata – ovviamente – Foxconn City, secondo le stime più prudenti possiede 230mila operai (altri dicono 300 o anche 450mila). La maggior parte lavora sei giorni a settimana per dodici ore al giorno, per diciassette dollari al giorno. Molti alloggiano nei dormitori adiacenti. Una buona parte lavora di notte. Nella cucina centrale si cuociono tre tonnellate di maiale e quattordici di riso al giorno. Ci sono trecento guardie per “smistare il traffico” nelle strade.
Nel giugno 2010, dopo una serie di suicidi fra gli operai Foxconn, Apple venne chiamata in causa per rispondere delle condizioni di lavoro di queste fabbriche. Con molto understatement, Steve Jobs in persona dichiarò che “hanno ristoranti e piscine… Per essere una fabbrica, è una fabbrica piuttosto bella”.
Da quell’ondata di suicidi in poi, se vuoi lavorare in Foxconn devi firmare una clausola aggiuntiva in cui ti impegni a non suicidarti, pena ritorsioni legali verso la tua famiglia. Devi inoltre partecipare, con la maglietta I-Love-Foxconn, alle manifestazioni in cui si inneggia alla compagnia e lavorare senza suicidarsi. E in ogni caso, dal giugno 2010 in poi sono state installate reti antisuicidio dappertutto.
“Non sarà il 1984 di Orwell” prometteva (ricordate?) la Apple, quando lanciò il primo Mac nell’84.
Beh, Orwell non prevedeva l’uso di robot per sorvegliare i prigionieri, nel suo romanzo. Nella Corea del Sud invece il governo ha annunciato (magari non c’entra niente, ma insomma…) che in futuro le carceri saranno sorvegliate da appositi robot che – come ci annuncia Repubblica – “hanno occhi grandi, un simpatico sorriso stampato, e sono capaci di parlare”.
Sempre in Corea, è in costruzione anche la disneyland dei robot. E la solita Foxconn già mesi fa ha annunciato la costruzione – da parte di essere umani – di una fabbrica di automi.
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Mercati. Nel 2011 tablet e smartphone hanno quasi raggiunto i computer (portatili di tutte le taglie e fissi). I processori Arm stanno quindi superando gli Intel. Fra i sistemi operativi Android, con Kernel Linux o Apple iOS sta soppiantando Windows.
Il tablet indiano proposto a 35 dollari con aiuto governativo per allevare una generazione di programmatori è una risposta autoctona ai computer di Negroponte e di Intel. Il processore per Android, interamente realizzato dalla cinese Icub che integra processore e scheda grafica in consumi ridotti mostra i progressi della Cina nel campo tecnologico, non solo come fucina ma anche come sviluppo e ingegnerizzazione di dispositivi e componenti.
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Note sparse. Foxconn ha oltre un milione e trecentomila di lavoratori, e oltre ad essere in Cina, di cui è primo esportatore, è sparso un po’ ovunque: è il secondo esportatore della Repubblica Ceca; ha fabbriche in Messico, dove produce per Motorola e Cisco. Iniziò nel 1974 producendo connettori in plastica (si possono trovare nell’Atari 2600) e poi schede-madri per computer. Adesso produce per ditte americane (Apple, Amazon, Dell, HP, Intel), orientali (Samsung, Sony, Nintendo, Toshiba, Acer) ed europee (Nokia).
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Ancora Apple. L’ex sindaco di San Francisco, il 77 enne avvocato nero Willie Brown, a dicembre aveva esortato i manifestanti di “Occupy” della sua città a protestare contro Apple piuttosto che contro l’amministrazione del suo partito; erano già nell’aria le manifestazioni degli Occupy Apple contro l’iper-sfruttamento dei lavoratori cinesi. Seguite, mediaticamente, da “accuratissimi” controlli interni di Apple sulle fabbriche Foxconn. I “controllori” dopo un giorno di visita guidata nelle fabbriche, dichiarano che in Foxconn si sta meglio che delle altre fabbriche cinesi.
Le previsioni degli analisti sul valore di Apple sono di ulteriore crescita (quelli stessi analisti prevedevano una discesa delle azioni, dopo la morte di Steve Jobs, che non è successo) ma con la quotazione di Facebook (la più grande IPO della storia, il 5% delle sue azioni, per un valore stimato della compagnia di 100 miliardi, 30 volte il fatturato, 80 volte gli utili) si legge la parola “bolla”
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